Resilienza: il nostro anticorpo psicologico



Resilienza deriva dal verbo latino resalio, che indicava la perseveranza di chi tentava di risalire sulla barca rovesciata dal mare. Oggi viene utilizzata come caratteristica di un metallo, nella capacità di resistere a uno stress senza rompersi.
In psicologia indica la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

La resilienza è un concetto che accompagna quotidianamente il mio lavoro e devo dire che accompagna quotidianamente la mia vita: avere una buona resilienza è fondamentale per riuscire a risollevarsi dopo un brutto periodo o un grave trauma. E' la possibilità di contare sulle proprie risorse quando tutto sembra perduto.

La nostra barca rovesciata dal mare oggi può essere rappresentata da una brutta malattia, una separazione, un lutto, ma anche da piccoli grandi stress quotidiani come le difficoltà sul lavoro, problemi familiari, aspettative che tardano a realizzarsi, figli tanto desiderati che non arrivano...Sono tanti gli eventi della vita che ci mettono a dura prova.

Le persone resilienti non sono persone invincibili, super-eroi o statue di ghiaccio. Anche chi ha sviluppato una buona resilienza soffre e tanto ma non ne fa di questa sofferenza l'unica ragione della sua vita.






Le persone resilienti non si limitano a sopravvivere, reagiscono alla vita, riescono a mettere in campo la loro voglia di tornare a sorridere e lottano ogni giorno per conquistare la serenità perduta.
Spesso quando accadono piccole o grandi tragedie, le persone reagiscono chiudendosi nel loro ruolo di vittime: subiscono in maniera passiva la vita, si danno per sconfitte, credono che oramai tutto sia perduto.

L’impotenza e il vittimismo alimentano in maniera negativa un circolo vizioso in cui dominano solo emozioni tossiche e dannose: la rabbia, il risentimento, il desiderio di vendetta. In questo vortice di negatività non c'è spazio per la speranza e il cambiamento ma si convive con il malessere e la convinzione di non potercela fare.

Il modo in cui affrontiamo gli eventi dipende dalla nostra storia di vita, dal bagaglio di esperienze che ci portiamo dietro, dalle dinamiche familiari in cui abbiamo vissuto.
Ci sono famiglie che si sono sempre distinte per la loro capacità di risollevarsi e fronteggiare le sfide, altre che hanno mostrato una maggiore fragilità e hanno ceduto alla sofferenza.
E' vero, ci portiamo dietro il nostro bagaglio familiare ma il bello di noi esseri umani è anche la nostra capacità di metterci in discussione e di buttare all'aria i nostri bagagli e decidere cosa è meglio indossare, portarci dietro e trasmettere agli altri.
Ognuno di noi può potenziare la propria resilienza. Si tratta di un processo faticoso ma stimolante, in cui bisogna essere disposti a mettersi in discussione. Generalmente è proprio questo il percorso in cui ogni psicoterapeuta accompagna il suo paziente. 
Le componenti che sviluppano la resilienza sono: 
La disposizione a cogliere il lato buono delle cose, è un’importantissima caratteristica umana che promuove il benessere individuale e preserva dal disagio e dalla sofferenza fisica e psicologica. Chi è ottimista tende a sminuire le difficoltà della vita e a mantenere più lucidità per trovare soluzioni ai problemi (Seligman, 1996).
Fondamentale è avere una buona autostima, in quanto, avere una bassa considerazione di sé ed essere molto autocritici, infatti, conduce a una minore tolleranza delle critiche altrui, cui si associa una quota maggiore di dolore e amarezza, aumentando la possibilità di sviluppare sintomi depressivi. 
La Robustezza psicologica (Hardiness). Essa è a sua volta scomponibile in tre sotto-componenti, il controllo (la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante, mobilitando quelle risorse utili per affrontare le situazioni), l’impegno (con la chiara definizione di obiettivi significativi che facilita una visione positiva di ciò che si affronta) e la sfida, che include la visione dei cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.
Le emozioni positive, ovvero il focalizzarsi su quello che si possiede invece che su ciò che ci manca.
Il supporto sociale, definito come l’informazione, proveniente da altri, di essere oggetto di amore e di cure, di essere stimati e apprezzati. E’ importante sottolineare come la presenza di persone disponibili all’ascolto sia efficace poichè mobilita il racconto delle proprie sventure. Raccontare è liberarsi dal peso della sofferenza, e l’accoglienza gentile e senza rifiuti o condanne da parte degli altri segnerà il passaggio da un racconto tutto interiore, penoso e solitario (che può sfociare in forme di comunicazione delirante) alla condivisione partecipata dell’accaduto.
Accettare ciò che non si può modificare: prendere consapevolezza dei limiti concreti della situazione, non alimentare speranze e illusioni irreali perché questo finirà solo per aumentare la sofferenza.
In definitiva, ciò che determina la qualità della resilienza è la qualità delle risorse personali e dei legami che si sono potuti creare prima e dopo l’evento traumatico ma ciò non toglie la possibilità di sviluppare successivamente una buona resilienza durante un percorso psicoterapeutico. 
Resilienza significa che possiamo essere sfidati ma non fermati. E' l'abilità  di rimbalzare, imparare e prosperare nelle avversità. 
Ognuno di noi ha dentro di sé risorse positive da far emergere e potenziare per poter affrontare le avversità della vita in modo propositivo e con più leggerezza...Quella leggerezza che noi tutti ci meritiamo!

Dott.ssa Marilena Porcelli
Psicologa-Psicoterapeuta

Commenti

Post popolari in questo blog

L'AMORE URLATO...quando i litigi uniscono la coppia

QUANDO L'AMORE E' TROPPO...O TROPPO POCO

Disturbi Somatoformi nei bambini